Il Gioco di Wrestling che vorrei
In qualche modo, ho sempre seguito il wrestling: ma perché i videogiochi non riescono a soddisfarmi?
Tra uomini mascherati e giganti indistruttibili, il wrestling è uno show che ha da sempre affascinato il popolo italiano: intendiamoci, non è come il calcio che è ultra popolare nel Bel Paese, ma gli atleti della WWE e della WCW negli anni 80/90 hanno avuto i loro momenti di gloria.
Il mio primo contatto con il wrestling l’ho avuto con WCW Nitro trasmesso su Italia 1 di Domenica mattina e Sting mi affascinò talmente tanto che iniziai a chiedere insistentemente la sua action figure che era accompagnata da una videocassetta coi suoi match.
La percezione della realtà dei bambini è affascinante: non conoscevo la WWF e non mi feci troppe domande quando la WCW scomparse dal palinsesto televisivo della Mediaset.
Andai avanti, non ripensando più a quegli strani uomini mascherati che si pestavano in virtù di storie pazzesche che a 5 anni credevo fossero vere, così come le mazzate che si davano.
Nel 2002 però, la mia passione per il wrestling si riaccese, quando tornarono in onda le puntate di Velocity, lo show minore della WWE, e di SmackDown.
Il fuoco per il wrestling è qualcosa che dentro di me si è alimentato in contemporanea a quello per il basket: Eddie Guerrero, Rey Misterio, Chris Benoit e compagnia cantante hanno fatto sognare moltə bambinə.
Col senno di poi, il successo della WWE di quell’epoca era un riflesso del clima politico/sociale del Bel Paese: era il periodo massimo del berlusconismo e tra lo sdoganamento della violenza in TV e un sessismo molto spinto era normale che un certo tipo di programma in cui omaccioni e modelle si prendevano a schiaffi facesse successo.
Lo show, di riflesso, mi fece scoprire i giochi di wrestling e, nel 2004 comprai il mio primo gioco della WWE: SmackDown Here comes the Pain, ancora oggi il mio gioco di Wrestling preferito.
Passavo ore nella modalità “Create a Wrestler”, mi divertivo come un folle a creare personaggi strani, a caratterizzarli e inventare sui fogli di carta le mie storyline, intrecciando le mie creazioni con le superstar ufficiali del gioco.
Dopo la morte di Chris Benoit prima e Eddie Guerrero poi, quando il perbenismo made in Italy ci ha allontanati dal wrestling, la fiamma si è lentamente spenta.
Così come si è spenta la mia carriera nel basket.
Mi ero trasferito e non volevo entrare in una nuova squadra: vivevo tutto come un grande stress.
Ancora oggi rimpiango quella decisione, pensando molto spesso a quanto mi piacesse giocare a basket, stoppare, stare sotto canestro e fare squadra.
Al di là delle mie scelte sbagliate, la passione per il wrestling si riaccese negli ultimi anni di liceo, sempre grazie ai videogiochi, che mi portarono a seguire gli show dei McMahon su Cielo.
Ma… ero cresciuto e riconoscevo la finzione sia negli intrighi che nelle mosse.
Che non è un male, anzi, vuol dire apprezzare lo sforzo atletico che c'è dietro quella performance e godersi uno spettacolo coreografico, ma ti dà una luce diversa sullo sport entertainment più famoso del pianeta.
Le Storyline della WWE erano sempre più deboli, mosse molto safe (dovute a infortuni e a uno stretto programma antidroga e antidoping) hanno fatto sì che la federazione mi annoiasse presto: anche perché hanno passato tipo 10 anni a fare tira e molla con la cintura con Roman Reigns, che ‘nsomma non è che mi piacesse poi molto.
Non tutto è oro quello che è WWE: grazie a internet scoprii un nuovo mondo, le compagnie “minori” dell’epoca, come la TNA o la ROH che avevano delle storyline un filo migliori e dei combattimenti che riuscivano a incollarmi alla TV: tra un James Storm e un Bobby Roode la Total Nonstop Action mi fomentava a cannone!
Fantastici match, tecnicissimi e portati avanti con meno pubblico e soldi della WWE, ma ci vedevo cuore.
Parlando dei videogiochi di wrestling e tornando ai nostri tempi, è uscito da poco WWE 2K24, questo titolo mi ha riportato a confrontarmi con la federazione dei McMahon dopo anni e anni in cui ho snobbato i titoli WWE e come è andata?
Bene per certi versi, ma male per molti altri.
Ho 31 anni, non sono più un ragazzino.
Ho imparato a scrivere (su per giù), sono più critico che mai e sono pronto a riconoscere tutte le singole storture delle storyline imbastite dagli scrittori della WWE.
Il gioco 2k sul ring funziona molto bene, lo trovo preciso, veloce e restituisce il feeling dei veri incontri senza cadere troppo nella simulazione.
Un gameplay divertente, fatto di mosse e contromosse e una grafica convincente, rendono il tutto sia divertente che bello da vedere.
Il gioco è tronfio di modalità: bellissima quella che ripercorre le varie Wrestlemania (così come lo era quella che ripercorreva la vita di Rey Mysterio di 2k22, titolo che ho giocato per 3 nanosecondi per poi incazzarmi come una biscia vista l’imprecisione dei controlli) e ha un boato di match differenti: tra hospital Match, Casket e tutte le stipulazioni che hanno reso celebre la WWE, di certo non ci si annoia.
Considerate anche che ci sono più di 200 superstar: non tanti quanti ci sono nel capitolo del 2020, ma sono abbastanza da non far annoiare nessuno.
Se c'è una cosa che mi fa incazzare è la modalità carriera dei wrestling personalizzati.
Mi sembra una roba quasi propagandistica in cui, quando assistiamo alle parti nel backstage è tutto narrato come se il keyfabe fosse vero.
Rivalità finte che si esacerbano sul ring, veri poteri sovrannaturali, gli altri lottatori che ci parlano come se fossero i personaggi…
Insomma, in un mondo che ha ricevuto dei prodotti incredibili come Glow e Heels poco sopporto questa sceneggiata mal gestita, che fa apparire tutto quanto finto, patinato, con poco carattere.
Capisco che la WWE voglia in qualche modo accontentare grandi e piccini, capisco anche che un gioco del genere magari in USA non venderebbe nemmeno, però mi piacerebbe vedere un prodotto che mi mette nei panni di un atleta alle prime armi, che deve impegnarsi, allenarsi e scontrarsi con un management che non vuole dargli le possibilità perché è ancora scarso con le skill al microfono.
Vorrei avere una modalità carriera che per una volta non ragiona per stereotipi, con storyline sul ring più semplici ma che lascino spazio al dramma umano dietro alla maschera, proprio come succede su Glow o su Heels.
Il Wrestler non è un mestiere semplice: si è sempre in viaggio, bisogna dedicargli la vita e sacrificare molto del proprio tempo libero per essere sempre al top della forma.
Vorrei più sacrifici e drammi della vita da atleta, piuttosto che vivere storyline in cui il mio personaggio si trasforma in un essere ultraterreno grazie a un medaglione
Non me ne frega un cazzo di questo tipo di storyline, non più: specialmente quando mi presenti un backstage che è sempre tutto completamente in Keyfabe.
E capisco che sul ring della WWE lo show va così, capisco anche che magari nessuna federazione ha interesse nello svelare cosa c'è dietro le storie che portano avanti le mazzate sul ring.
Però sarebbe così interessante se Warner Bros si svegliasse, realizzasse una serie come Heels, esplodesse e qualcuno ci facesse un gioco di Wrestling con una campagna degna di nota, con meccanismi di social link simili a persona e in cui bisogna barcamenarsi tra la vita dell’atleta e la vita privata.
Sarebbe tanta roba, ma sono sicuro che mi porterò questo desiderio nella bara.