Meta(phor) Quest 3: la fantasia di una realtà virtuale
La VR è pronta al mass market come i JRPG di Atlus?
Sapete cosa c’è di bello nel beccarsi ogni malattia stagionale possibile immaginabile?
Che si ha tempo per riposare un attimo e riflettere: questo articolo avrebbe avuto un sapore diverso se non mi fossi riposato e avessi avuto del tempo per riflettere.
Dopo l’annuncio di Meta Quest 3s, ho deciso di acquistare il “vecchio” Meta Quest 3.
La nuova macchina di Zuckerberg e soci è il modello economico del visore uscito a Ottobre 2023: sebbene l’hardware sia sostanzialmente lo stesso, ci sono differenze per quanto riguarda la risoluzione degli schermi e la tecnologia nelle lenti. Non mi andava di prendere un visore con una qualità visiva che avrebbe potuto rendermi insoddisfatto, così sono andato per il modello più costoso.
Questo è il secondo VR che ho in casa: nel 2019 Half Life: Alyx aveva mesmerizzato la mia attenzione e 7 anni dopo aver provato L’SDK del primo Oculus Rift per la prima volta al Codemotion, ho pensato che era giunto il momento di acquistare il primissimo Meta Quest.
Il primo visore senza fili, era una macchina carina: permetteva di giocare a un sacco di giochi senza l’impiccio dei cavi e alla fine Beat Saber era meglio giocarlo lì che sul pc.
I controller facevano un lavoro discreto e nonostante divorassero pile su pile, non funzionavano malaccio.
Il problema, erano le esperienze presenti su quella macchina: un po’ come non si può dire che le esperienze dell’atari 2600 fossero rifinite come i titoli dello SNES, si può dire lo stesso della VR.
I giochi avevano bisogno ancora di rodaggio, si doveva ancora capire come non far provare motion sickness alle persone e al tempo stesso cercare di proporre qualcosa di entusiasmante ai giocatori.
Quasi tutti i titoli che ho provato su Quest 1 mi hanno lasciato la sensazione di star giocando con qualcosa di molto simile a una tech demo di un qualcosa che sarebbe stato fighissimo.
Bello SuperHot, Bellissimo Pistol Whip, ma possibile che nessuno riesca a narrare storie e a farmi visitare mondi dentro questa VR?
Passano i secoli, passano i millenni, passano gli uomini che si alternano ai governi giungiamo al 2024, in cui grazie anche a Gretta, ho iniziato a cercare informazioni riguardo ai nuovi giochi per VR, complice anche l’uscita di Meta Quest 3S.
Ho scoperto un mondo nuovo: non esistono solo esperienze dallo spiccato gusto Arcade, che comunque buttale, ma anche giochi più strutturati ed immersivi: tra Ghostbusters e Asgard’s Wrath 2 ci sono una miriade di giochi che riescono a intrattenere e a divertire, sia sfruttando la realtà aumentata che la realtà virtuale.
I visori di Meta sono ormai una realtà esistente sul mercato che ce la sta mettendo tutta per emergere: l’azienda proprietaria di Facebook nel corso degli anni ha cercato di comprare delle software house per fornire supporto alle sue macchine.
Non è un caso l’acquisizione di Camouflaj Studio, gli sviluppatori di Iron Man VR che è stato portato nel 2022 anche su Quest.
Nonostante recenti indagini indichino che le Software House vedano il mercato della realtà virtuale destinato a fallire, giocando ai titoli VR mi rendo conto che qualora la tecnologia si diffondesse, potrebbe essere più sostenibilie sviluppare giochi rispetto ai titoloni fotorealistici per i dispisitivi “flat”: alla fine il Quest 3 ha un hardware paragonabile a quello del telefono, e nonostante il rendering in 4K, è evidente che le texture e gli effetti di luce siano molto più semplici rispetto a quelli che sono abituato a vedere sui monitor.
Sicuramente creare un sistema 3D immersivo avrà i suoi costi, dopotutto anche le avventure sono più brevi rispetto a quanto siamo abituati a vedere su schermi piatti, ma penso sia meglio pensare al grado d’immersione e magari di rigiocabilità che hanno questi titoli, piuttosto che alla monopolizzazione del tempo dell’utente all’interno di un mondo fittizio.
Mi domando comunque, se una volta assimilati i paradigmi di game design che la VR ti costringe a prendere, così come tutte le operazioni tecniche che un titolo per la realtà virtuale implichi, i giochi possano costare alle aziende meno.
Tra un fantasma catturato e un teppista picchiato impersonando Batman, posso tranquillamente affermare che ormai la VR ha un parco titoli variegato che riesce ad accontentare tutti i palati: è finita l’era dell’ennesimo shooter contro gli zombie, di Job Simulator o giochi in cui tutto sommato non dovevi fare una cippa.
Ora si narrano storie, i giochi riescono a renderti protagonista di un avventura e ti consentono di esplorare altri universi rispetto a Alyx che reputai l’unico gioco degno di essere giocato su VR (esclusione fatta per i Rhythm Game).
Non penso che il Quest 3 o gli altri visori possano sostituire di sana pianta il gaming tradizionale, a livello di design non si può tradurre effettivamente tutto, ma ogni giorno che passa per me la Realtà Virtuale cresce e diventa un metodo alternativo di videogiocare sempre più valido, come se fosse un erede del “motion control” che ha coniato Wii e che Microsoft voleva approfondire con Kinect e il movimento del corpo.
Il problema di cercare di accalappiare più pubblico in ambito VR è che, a differenza di Wii, non è facile fare degli spot per dimostrare a pieno le potenzialità dei visori. Il marketing cerca di instillare un bisogno all’interno delle persone, facendogli vedere come la loro vita possa in qualche modo migliorare con l’utilizzo di quel bene.
Questo sul VR non è possibile: potrei stare ore e ore a parlare di quanto siano fighi oggi quei giochi, ma sono sicuro che saranno in pochi che compiranno l’atto di fede e si fideranno al 100% delle mie parole. Non ci sono articoli, video, marketing che regga: immergersi in un nuovo mondo è complicato da spiegare, così come è difficile pubblicizzare qualcosa che ti isola dall’ambiente circostante.
Come fai a far sentire la necessità alle persone di uno spazio virtuale se non puoi comunicargli quanto è comodo avere schermi giganti davanti agli occhi? Come fai a dirgli che catturare fantasmi in VR è una figata pazzesca, o che Tetris Effects è come giocare al celebre gioco di Pajnitov sotto acidi? Non puoi farlo efficentemente; dunque i visori VR devono essere accessibili a tutt*.
Meta Quest 3 mi sta regalando esperienze con titoli improbabili e in un certo qual senso potrebbe essere anche la via per superare alcune paure come quella dell’altezza, degli insetti o, perché no, anche della guida (ma solo corroborato con volante, pedaliera e cambio e col VR attaccato a un PC)
Un paio d’anni prima del Meta Quest, Google aveva provato a dare un assaggio di realtà virtuale con il Cardboard che aveva un prezzo praticamente nullo, ma le applicazioni disponibili non erano nient’altro che delle cose da provare una volta e poi lasciare lì.
Meta Quest 3s sembra l’alternativa a basso costo dei Visori di Realtà Aumentata e Virtuale: costa poco, ha delle caratteristiche del tutto simili al Quest 3 e sono sicuro che per qualsiasi persona che non abbia mai provato altro visore, sarà veramente stordito per la qualità del dispositivo.
Rimane difficile comunicare il tipo di esperienza, ma abbassando il costo tecnicamente è più facile provarlo.
Device del genere beneficiano veramente molto dall’abbassamento dei costi di produzione, anche perché sono molto malleabili.
Il Vr potrebbe essere utilizzato a scopi lavorativi perché vi assicuro che avere monitor potenzialmente infiniti senza problematiche di spazio è decisamente comodo e sicuramente più economico di comprare 3/4 display di ottima fattura.
Non penso che il marketing sia l’unico problema nella diffusione di questi dispositivi: nonostante i grandi passi avanti, Meta (ma presumo anche Apple) ha ancora un’interfaccia utente che va rifinita per offrire l’esperienza intuitiva e definitiva che gli utenti si aspettano.
Nonostante la realtà mista contribuisca a non farti sentire isolato dal mondo, ci sono alcuni problemi che daranno noia a molti: spesso e volentieri le finestre dei menù si percepiscono troppo vicine alla faccia, e bisogna capire come muoverle per allontanarle.
Altro problema, le finestre non ti seguono quando ti sposti: non intendo che devi muoverti per casa con Netflix di fronte alla testa, ma che il sistema riconosca il movimento del tuo corpo e che fissi alla tua sinistra o alla tua destra la finestra, in modo tale da poterla sempre avere con te.
Un’altra piccolezza che ho notato è che chi sviluppa i giochi, molto spesso non ha l’accortezza di farti capire che diamine di tasto devi premere fisicamente per interagire con alcune cose: un generico “Premi A” non va bene in VR, perché non puoi sapere effettivamente dove sia quel maledettissimo tasto.
Sono tutte piccole grane di chiarezza e d’interfaccia, di design che sicuramente si risolveranno col tempo e a cui ci si abitua dopo un paio di sessioni, ma esistono e vanno affrontati, perché nel 2024 sono piuttosto convinto che Meta Quest 3s abbia tutte le potenzialità per attecchire sulla massa, e magari, con futuri updates tutto quello che ho detto sarà possibile: la tecnologia c’è, è matura per il mass market così come lo sono le esperienze.
Un altro grattacapo che può emergere, se pensiamo alla diffusione della VR è la sua frammentazione attuale: dove c’è un mercato, si sa, c’è anche competizione ed è normalissimo vedere diversi attori scontrarsi per la fetta più grande possibile del mercato.
Il problema però è avere dei VR, come quello di Playstation che richiedono una console o un pc per essere fruiti, aumentando l’aspettativa che si ha quando si parla di Realtà Virtuale: su console e PC i giocatori pretendono una grafica paragonabile al flat screen e i costi aumenterebbero vertiginosamente se si cercasse di costruire un Open World ‘a la Cyberpunk 2077 in VR, o se si volessero raggiungere vette grafiche degne dei migliori titoli per console.
Questo porta a una frammentazione del mercato tra VR Standalone, PCVR e console VR (per ora solo appannaggio di Sony), facendo sì che Oculus, Pico, HTC e Sony si scontrino un po’ come è stato per le console.
Il problema più grande è che queste compagnie non hanno interesse nel sedersi a un tavolo tutte insieme, ma ci sarebbe bisogno di una collaborazione più stretta per quanto riguarda la canonizzazione delle interfacce e magari anche dai tipi di controlli, anche solo per facilitare gli sviluppatori che vorrebbero creare dei port sulle varie piattaforme senza sforzi eccessivi.
Non fraintendete le criticità che ho trovato: Penso sul serio che Meta con il Quest 3/3s abbia fatto centro.
La realtà virtuale ha fatto passi da giganti e Zuckerberg potrebbe far centro nel mondo dei visori, come Atlus lo ha fatto nel mondo dei JRPG.
Abbiamo trovato il modo di parlare di giochini vecchi in un podcast: volete scoprire dei giochi di Dragon Ball usciti molto prima di Sparking Zero? Ascoltate la nuova rubrica di BlaBlaNerd, Tie-Bin, dove di mese in mese andremo a parlare dei Tie-in videoludici di Film, videogiochi, anime e Manga!
Atlus di recente ha pubblicato un nuovo JRPG che si è confermato subito uno dei best seller ottobrini: Metaphor: Re Fantazio è un successo clamoroso.
Mi sto godendo questo titolo in questo periodo e devo dire che mi sta piacendo molto.
È lontano dall’essere un titolo rivoluzionario, è evidente come sia un figlio della serie di Persona: dalle battaglie alla gestione del tempo, l’innesto di gioco è quello.
Cambiano gli effetti delle nostre azioni e delle nostre relazioni in quanto nel gioco sono legati a stretto giro con lo sbloccare nuove classi per i nostri personaggi.
Se su Persona abbiamo vari demoni da evocare, in questo caso parliamo di archetipi di eroi presenti nel passato del gioco, che si sbloccano toccando i cuori delle persone.
Il sistema funziona, perché corrobora il legame dei personaggi con i poteri che si possono sbloccare, come se conoscendoci meglio si possano elaborare nuove tattiche e strategie: ovviamente servirà un po’ di sudore della fronte, in quanto spesso si richiede di studiare più di una classe per studiare quelle più avanzate.
Ma al di là di queste modifiche al Game Design la cosa che rende Metaphor decisamente diverso da Persona sono i toni adulti della narrazione e il world building.
Tutto trasuda politica nell’ultima opera di Atlus: discriminazioni razziali, Religione dominante che tenta di sopprimere usanze e tradizioni, popoli culturalmente chiusi sia per scelta che per volontà altrui sono solo alcuni temi affrontati dal gioco e che potrete notare anche dalla demo che trovate sui vari store.
Le storie dei comprimari sono una più bella dell’altra, e non sono più legate alla vita adolescenziale: si affrontano problemi di persone che si domandano cosa farebbero i loro parenti ormai morti, altri che affrontano terribili lutti o altri ancora che si impegnano per riscattare la propria piccola comunità dai soprusi del signorotto locale.
Metaphor ci fa giocare a fare la rivoluzione, a plasmare un mondo Fantasy quanto più ideale e idilliaco possibile.
Ovviamente, lungi da me dall’averlo finito, starò si e no a metà del gioco e immagino ci saranno dei colpi di scena che sovvertiranno l’ordine reale delle cose, ma è un bel gioco che sta ben lontano dalle dinamiche adolescenziali dello spin off di Shin Megami Tensei più famoso, anche se ne condivide qualche difetto: come in Persona 5 infatti, sembra che i comprimari vivano in compartimenti stagni completamente separati gli uni dagli altri.
Saremo solo noi il “collante” dell’avventura. Nessuno sarà mai in compagnia dell’altro, nonostante siano compagni d’arme e condividano degli ideali comuni: a me personalmente la cosa fa un po’ storcere il naso, perché Persona 4 Golden ci provava a dare l’idea di un gruppo di persone interessate a conoscersi, qua sembra che non ci sia interesse a estendere la conoscenza oltre gli obiettivi comuni.
Forse è una mentalità giapponese, o forse sono io che pretendo troppo dalla scrittura di un Personalike, ma mi piacerebbe vedere in qualche modo interazioni tra i vari membri del party che non dipendano da me.
Un gioco da comprare e giocare assolutamente, una gemma che fa sperare in un futuro radioso per questa nuova IP di Atlus.
Ringrazio Pietro Riparbelli per la correzione del Substack. Nonostante il nostro rango sia ormai al livello 8, non ho sbloccato nessun’abilità che mi consenta di notare tutti gli strafalcioni da solo. Grazie di cuore!
Come dico sempre: PSVR2 doveva essere uno stand alone che poi eventualmente poteva essere collegato a PS5, la strada per provare a far diffondere la tecnologia (che comunque finché parliamo di visori e non di occhiali non si diffonderà mai) è quella.
Refantazio è troppo Persona 5 perché io possa correre il rischio di comprarlo, è roba che dura troppe ore e non ce la faccio proprio