Neon Genesis Evangelion: La vergine di Ferro
Un Tie-in come tanti negli anni '90, ma che è stato in grado di creare un personaggio sufficientemente interessante da risbucare fuori in altri Tie-In di NGE: com'è Girfriend of Steel?
I giorni scorrono rapidi come se stessi in balia della corrente di un fiume che sta per sfociare in un oceano: sono giorni difficili e faticosi, ricchi di sfide quotidiane che spesso e volentieri mi tengono sveglio anche la notte.
Nonostante il mio lavoro mi piaccia, spesso mi trovo davanti a scenari abbastanza surreali e che richiedono un certo sforzo logico.
Non ho molto tempo per riflettere né tantomeno per informarmi, ma guai a togliere il tempo ai videogiochi: una giornata ho preferito fare altro, mettermi in pari con gli X-Men ‘97 e con Shogun, e la notte non è andata benissimo.
Mi sono svegliato alle 4 e 30 di mattina, con due occhi vispi che mi comunicavano che no, non c’era la possibilità di riaddormentarsi: così ho preso la mia Steam Deck e l’ho accesa.
Incuriosito da un gioco con una copertina che ero certo non rispecchiasse il suo contenuto che ho trovato sotto la categoria “giochi non di steam” riservata agli emulatori, lo metto su.
Mi ritrovo davanti a un tie-in di uno dei miei anime preferiti, Neon Genesis Evangelion.
Quel titolo era Kotetsu no Girlfriend, ingloriosamente tradotto come “ Girflriend of Steel” ma che in realtà manca della sfumatura giusta: “Iron Maiden” sarebbe stato l’epiteto migliore.
Dopotutto, è un gioco che narrativamente si basa su un inception di trappole:
Mana Kirishima si trasferisce a Neo Tokyo-3 nella stessa classe di Shinji, Asuka e Rei e sembra infatuarsi subito del nostro caro amico Shinji, che con il suo carattere forte e deciso, si fa ammaliare immediatamente da quella che sin da subito è palese sia una spia di qualche altro progetto.
Ma si sa, stupishinji è fatto così, e Asuka annusa subito la puzza di bruciato.
Tuttavia gli eventi si succedono, Shinji riesce a strappare un appuntamento a Mana Kirishima e dopo un po’ di eventi che prevedono il coinvolgimento dell’esercito giapponese e della Nerv, la compagna di classe si innamora del personaggio più insicuro e senza palle di tutto l’universo degli anime.
Mana Kirishima è un personaggio interessante e atipico rispetto alle figure femminili che Hideaki Anno ha caratterizzato nella sua opera magna. La ragazza appena trasferita a Neo Tokyo 3 è la persona ideale per alleviare le pene del giovane Shinji Ikari: dolce e gentile, riesce a tirare fuori il meglio di Shinji, spronandolo a fare alcune azioni eroiche per proteggere la damigella in pericolo. Un comportamento atipico per il protagonista dell’opera, ma portato avanti dagli scrittori di Kotetsu no Girlfriend in maniera magistrale, sono riusciti a non stravolgere il suo carattere ma a farlo maturare tramite il sentimento dell'amore. Uno Shinji che finalmente ha trovato qualcuno che lo apprezza, che gli vuole bene per quel che è e che si rende conto del sacrificio e delle responsabilità che si carica sulle spalle ogni volta che sale sull’Eva.
Il tie-in di Neon Genesis Evangelion è quello che a me piace definire “anime game”: ci sono troppi pochi dialoghi per considerarlo una Visual Novel, ma al tempo stesso non è un avventura grafica a schermate, in quanto non ci sono degli enigmi di grande rilevanza.
Solo poche scelte, che fanno arrivare a uno dei quattro finali in cui shinji può finire in un appuntamento con Asuka, oppure può ottenere uno dei finali inerenti a Mana.
Insomma: la struttura di gioco assomiglia molto a altri titoli giapponesi di questo stampo, un po' come il gioco di Urusei Yatsura per Mega CD: delle puntate degli anime interattive.
Dopo aver finito Girlfriend of Steel, mi sono addormento con in mente i jingle jazz dell’anime, presenti anche nel gioco: quelle trombe che hanno raggiunto le mie orecchie a quell’ora della notte mi hanno fatto riflettere non poco.
Mi hanno fatto rievocare sogni del bambino di 10 anni che per la prima volta si è trovato di fronte a Evangelion e che non voleva andare a catechismo finché la puntata non fosse finita.
La voglia di diventare grande, di andare a delle feste in cui si sentiva quel tipo di musica e si indossavano gli smoking, di avere un lavoro che mi avesse fatto diventare ricco: un cumulo di speranze infrante sul durissimo muro di una realtà severa quasi quanto quella di Evangelion ma senza adolescenti su “robottoni” che cercano di salvare il mondo dall’invasione degli Angeli.
Mentre metto la colonna sonora dell’anime, cerco di mettere da parte quei pensieri e corro al lavoro, preparandomi al mio ruolo di sciamano tecnologico.
Ringrazio come sempre Pietro Riparbelli che si prende cura di quello che scrivo evitando di farmi fare grandissimi figuroni di cioccolato.
Non avevo idea esistesse e adesso lo devo giocare