Sono troppo vecchio per i videogiochi moderni?
Sto invecchiando: non riesco a capire se sono i giochi che si somigliano tutti, oppure sono io che sto diventando nostalgico.
In un caldo pomeriggio estivo, preso dalla noia dovuta all'ennesima sconfitta di un boss di Armored Core: Fire of Rubicon, mi metto a navigare sulla rete. Su uno dei gruppi aiuto della mia città, trovo una psicoterapia di gruppo per videogiocatori con problemi non fisici dovuti all'impossibilità di giocare: riconosco di avere un problema, forse far parte di questo gruppo mi farebbe bene, così decido di iscrivermi. Ecco il resoconto della mia prima serata.
"Ciao a tutti, sono Pacione e ho 31 anni. Sono qui per raccontarvi la mia esperienza: so bene che anche voi, persone presenti a questo incontro avrete problematiche simili , magari avrete già ascoltato quanto vi starò per dire decine e decine di volte, ma eccomi qui, a raccontare la mia esperienza. Tra la sicurezza informatica, una pizza e qualche sfogliato, anche io sono un videogiocatore. Sono entrato in questo tunnel precocemente, quando avevo circa 3 anni, guardando mio padre giocare; da quel giorno, io non ho più mollato il pad. Tuttavia, è un po' di tempo che fatico a tenere il controller: mi fanno male i polsi, mi si informicolano le mani, mi incazzo coi videogiochi, sudo, mi addormento mentre gioco risvegliandomi mentre il personaggio che controllo corre verso un muro. Insomma: sto invecchiando. Ho trentun'anni e li sento tutti e sono arrivato al punto di non capire più certi criteri con cui i videogiochi sono sviluppati: più passa il tempo, più mi rendo conto di odiare i giochi di From Software; sì anche Sekiro e Armored Core: Fire of Rubicon"
Notando il pallore del resto del gruppo per le mie forti parole, lo psicoterapeuta interviene:”calmə tuttə, ricordatevi che Pacione, come voi, ha dei problemi coi videogiochi, non siate basitə o sconcertatə, cercate di farlo sentire accolto.”
"Dicevo, odio i giochi From Software: così come mi incazzo quando i nemici su SMT mi ammazzano con gli incantesimi di Luce e Oscurità dopo che non ho salvato per un'ora intera, mi girano le palle a elica quando perdo tutte le anime. Poi dopo divento verde e ancor più grosso e droppo. Anche perché, a differenza di SMT, non è che ti dà l'opzione di salvare quando vuoi, o perlomeno, non ha checkpoint e salvataggi intermedi. Perdi tutto, il tuo personaggio non avanza: sei costretto a trovare nuovi stratagemmi per giocare. E questo sarebbe un bene se i giochi, generalmente non avessero un'IA idiota dei mob. Spesso ho battuto diversi nemici sfruttando il kiting, cercando di bloccarli in mezzo ai muri, di dargli meno spazio possibile per reagire ai miei attacchi: tutto questo, mi annoia terribilmente e spesso trovo sia l'unico modo per procedere senza incazzarmi. Su Sekiro, non ho riflessi abbastanza allenati per fare parry e in un gioco che non mi consente di abbassare la difficoltà e mi insulta dicendomi pure " sei una pippa", mi fa girare il cazzo e non me lo fa aprire più. A 31 anni la cosa che mi pesa di più è percepire la perdita di tempo. Parliamoci chiaro: che senso ha migliorarsi se di fronte a noi non abbiamo un nemico in carne e ossa, ma solo un IA che sta lì per essere malmenata? dove sta la difficoltà di imparare pattern e rispondere, quando sai bene che la combinazione di quegli attacchi è sempre la stessa? Piuttosto che mettermi a imparare a giocare a ER, Sekiro o Armored Core, mi metto a giocare a Tekken. Perlomeno il progresso lo riscontro anche contro gli avversari, sviluppo capacità di analisi e previsioni contro persone vere, non con Computer con pattern fissi o che si divertono a leggere i miei input. Anche perché poi, cosa si intende per difficoltà? cosa è questa chimera del difficile? Perché, per esempio, per i Souls a me sembra che basta dedicargli il giusto tempo per superare gli ostacoli. Ma se ho un paio d'ore a giorno per giocare, tutto diventa più frustrante."
Una persona del gruppo, affascinata alle mie parole, alza la mano, cercando di controbattere al mio discorso: "Ma dunque Pacione tu non è che ti sei stufato dei videogiochi, ti sei stufato dei Souls."
"Essersi stufato dei Souls però vuol dire essere escluso da una grossa fetta di videogiochi che prendono di peso quelle meccaniche: sono interessato a giocare Lies of P, eppure il fatto di aver ereditato quel tipo di meccaniche dai souls, mi tiene lontano da quel gioco, ma i Souls non sono l'unico genere da cui mi sento lontano, parliamo anche un attimo del grande elefante nella stanza: Hollow Knight."
Gli altri membri della psicoterapia di gruppo, ormai sfiniti delle mie lamentele da vecchio, iniziano a strapparsi i capelli, al ché lo psicologo richiama tutti all'ordine: "Calmi, miei cari videogiocatori, ricordiamo che Pacione sta vivendo la sindrome del vecchio: non guarda cantieri, ma critica giochi famosi di cui non capisce il successo."
Inizio a innervosirmi: come diavolo è possibile che in questa seduta di psicoterapia di gruppo mi interrompano ogni 5 minuti?
"Hollow Knight è uno di quei giochi che non ho mai sopportato: un metroidvania senza indicazioni chiare, una mappa enorme che ti fa sentire minuscolo in un mondo enorme. Tra stanze corridoio lunghissime e il senso costante di incertezza sulla progressione, ho avvertito sin dal primo minuto la sensazione di stare sprecando tempo: non so nemmeno se ho battuto il primo boss, non ho capito chi avevo davanti, ma poco tempo dopo, ho smesso. Perché la mente viaggiava verso i problemi della vita, pensavo di poter essere più produttivo studiando cose o nutrendo la mia mente leggendo fumetti o libri e che anzi, probabilmente mi sarei divertito di più. Da quando sono diventato trentenne questa sensazione è stata accentuata: non riesco più a giocare strategici, Simulatori, giochi di corsa e sportivi. Mi sembra costantemente di perdere tempo, senza avere un fine, uno scopo: senza arricchirmi di qualcosa, né avere meccaniche che mi stimolino a continuare. Non capisco perché mi sento fortemente attratto dalla formula dei JRPG e dei Monster Breeder: probabilmente il reparto artistico di Pokémon ma anche di Shin Megami Tensei mi attraggono al punto che mi basta rimanere abbagliato dall'estetica delle creature. Tant'è vero che a 31 anni ho riniziato a collezionare carte pokémon, proprio perché amo gli artwork. Non trovo più soddisfazione nel confronto con la CPU: quando mi batte, lo fa con stratagemmi bislacchi, quando vinco, non mi sento soddisfatto abbastanza. Solo con i platform la cosa funziona, nel resto delle produzioni mi sento soddisfatto solo se c'è un plot da portare avanti."
Mi fermo a raccogliere le idee. Come un tuono che mette a fuoco e fiamme una casa, rimango folgorato da ciò che mi passsa per la mente: solo Sony fa giochi per trentenni. Non voglio dirlo, mi vergogno a farlo: è impossibile che non ci sia un'alternativa a The Last of Us o a giochi semi lineari in cui si va avanti per conoscere il destino dei protagonisti; non voglio ammetterlo a me stesso, ma so che la risposta è quella. Dovrei dedicarmi anche all'ultimo God of War, serie che mi ha fatto disinnamorare quando tutti i palestrati pelati prendevano Kratos come modello di vita.
Non cerco più un game design superbo, cerco un plot che mi intrattenga.
Inizio a muovere nervosamente la gamba destra, gocce di sudore iniziano a rigare la mia fronte e prendo coscienza che a 31 anni, non sono più quello di 6 anni fa. Inizio a piangere.
I videogiocatori in cerchio con me, rimangono attoniti: com'è possibile scoppiare a piangere quando si parla di giochini?
Respiro; mi faccio coraggio e col naso che cola, continuo:"scusate, lo sfogo, ma mi sono reso conto che Sony potrebbe darmi quello che cerco: esperienze dritte, quasi lineari, che mi fanno affezionare ai personaggi al punto di trascurare gli evidenti difetti della produzione. Se 6 anni fa criticavo aspramente The Last of Us per non essere un gioco magistrale dal punto di vista delle regole di gioco, ora mi rendo conto che è il gioco che farebbe per me in questo periodo di vita: così come lo sono stati Alan Wake 2, Indika e Hellblade 2. Forse, anche Ghost of Tsushima potrebbe fare per me.”
Cerco di prendere tanta aria, come quando ci si sta preparando per un’immersione senza maschera prima di descrivere la mia odissea: "Ma non mi capacito però, dov'è finita la voglia di scoprire giochi e giochini con un game design semplice ed efficace: forse, sommersi in un mare di giochi famosi, qualcosa si trova ancora, ma non è facile destreggiarsi in un mercato quando il tempo per giocare scarseggia, mi ritrovo sempre più spesso immerso nel mondo del passato: rigioco a Kingdom Hearts, gioco di cui mi sono disinnamorato dopo i 16 anni, ma ora mi ricorda la preadolescenza con un sorrisetto e un sussulto al cuore che mi accompagnano nelle scene topiche, rimembrandomi un tempo in cui i pensieri erano ben altri di quelli che ho oggi, rigioco i primi tre Metal Gear Solid, perché fa sempre piacere rigiocarli con la consapevolezza dell'età adulta; mi conforto con Metal Slug 2 e Soul Calibur 2. Sono io che sto diventando nostalgico? La nostalgia è qualcosa da combattere a tutti i costi? Come si fa ad orientarsi nel mercato di oggi, se si è smarrita la rotta?
Non ho una risposta ma sono qui per cercarla, l'unica cosa che conosco è che i giochi di successo del 2024, mi sembrano fatti tutto con lo stampino: vuoi un indie? Ecco che ci sono 350 metroidvania differenti che escono ogni giorno. Vuoi un rpg? Ecco che c'è l'emulo di BG3 che come quest'ultimo dura 600 ore a run. Vuoi un Action? Eccolo lì lo stylish che ti incorpora meccaniche da souls. E' incredibile come ormai su Steam acquisti quasi tutto a colpo sicuro, perché mi lascio cullare da picchiaduro, collection o riedizioni di vecchi titoli: non trovo più il piacere di scoprire il nuovo, perché trovo che tutto si somigli. E' una brutta sensazione e non capisco, sinceramente se è lo stato del mercato moderno, oppure sono diventato un vecchio nostalgico."
Mi interrompo, faccio un sospiro e con un cenno, faccio capire al capogruppo che ho finito di parlare: incidentalmente, mi sono reso conto che mentre parlavo, avevo smesso di muovere nervosamente la gamba: accettare questo nuovo “stadio” da videogiocatore, mi ha reso più tranquillo? nemmeno il tempo di pormi questa domanda e partono gli applausi: mi sento finalmente accettato, dalla comunità dei giocatori con problemi a videogiocare.
Mentre un membro afflitto da motion sickness stava per prendere la parola, un biondino tinto, seduto di fronte a me, con un naso arcigno e la frangetta che gli copre mezza faccia, esclama: "Git Gud, Pacione".
E con tutta l'amarezza in corpo, ingoio il rospo, senza mandarlo a cagare: dopotutto ho 31 anni, non voglio essere trascinato in sterili discussioni.
Ringrazio al solito Pietro Riparbelli per correggermi ogni settimana questa newsletter, la rende profumata di burro e limone. Un grazie oggi va anche a Pietro Iacullo di Gameromancer che ha letto prima di voi questo pseudo dialogo con i mille Pacioni che parlano in un fittizio incontro da “videogiocatore anonimo”, per darmi qualche dritta sul flow del substack.
Tutto quello che c’è da dire sulla questione a ma i basse.
Caro Pacione, confesso che nel leggere come tu "senta tutti" i tuoi trentuno anni, da quasi quarantaduenne mi è venuto da piangere. 😆
Detto ciò, convivo da tempo con il medesimo problema.
Non so quanto sia effettivamente un fatto di riflessi, credo sia più una questione di volersi approcciare in modo differente al videogioco, rispetto a quand'ero più giovane ed il tempo libero era chiaramente maggiore.
Il mio rapporto con i titoli From ricalca quanto hai scritto nel tuo pezzo: mi affascinano, spesso li acquisto, faccio i salti mortali per mettere insieme un pochino di tempo da dedicare loro, ma ad un certo punto, dopo schiaffi a ripetizione mi innervosisco ed alzo bandiera bianca al motto di: "Ma chi me lo fa fare?".
Anch'io da una decina d'anni buona ho iniziato ad apprezzare maggiormente titoli story driven, perlopiù lineari(gli open world sono troppo dispersivi!), allontanandomi invece da un genere come quello dei picchiaduro ad incontri, che da ragazzino adoravo.
Certo, esistono le eccezioni, ma in linea di massima tendo a privilegiare produzioni più morbide, accessibili, veleggiando effettivamente tra il livello di difficoltà medio e quello facile.
Addirittura, ultimamente mi è capitato in più occasioni di arrivare sino alla boss battle finale di alcuni titoli, per mollarli dopo un paio di tentativi nei quali il super mega cattivone mi ha preso a ceffoni(Spiderman 2, Unicorn Overlord), nonostante i titoli in sé mi siano piaciuti molto.
Credo si tratti semplicemente di un'evoluzione naturale, dovuta al fatto che, banalmente, invecchiando cambiano i nostri impegni, e cambiamo pure noi.
Insomma, l'importante è fare ciò che ci fa stare bene. 🙂